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La bufala dell'infezione da shampoo che circola su Facebook

Il terribile "sfogo" cutaneo che sta spammando le vostre bacheche non è altro che un fotomontaggio. La prova in una nostra vecchia Foto del giorno...

Il misterioso "bubbone" è in realtà l'immagine di un fiore di loto.
Il misterioso "bubbone" è in realtà l'immagine di un fiore di loto.

Niente paura: se vi farete la doccia usando lo shampoo di un marchio molto noto in Italia (o un qualunque altro shampoo in commercio) non svilupperete la mostruosa escrescenza che vedete in questa foto. Né contrarrete temibili infezioni, come minaccia un presunto video virale che circola in queste ore su Facebook.





Uno scherzo di Photoshop
Il motivo è semplice: il fantomatico ascesso, lungi dall'essere una pericolosa malattia cutanea causata da chissà quali sostanze chimiche, è un fotomontaggio bello e buono, che accosta alla pelle di un uomo l'immagine di un fiore di loto (una pianta che potete facilmente riconoscere in questa nostra vecchia "Foto ").



Una bufala in piena regola, e pure venuta male, insomma: un inganno di cui non vi riportiamo neppure il link perché, seguendolo, si finisce in una serie di pagine di dubbia provenienza e piene di malaware pericolosi per la sicurezza del vostro pc.

E del video, alla fine, neanche l'ombra.

La marcia dei pinguini... verso l'estinzione

Due terzi delle colonie di pinguini imperatori in Antartide rischiano di vedere dimezzata la propria popolazione nei decenni avvenire. La causa? Il global warming, che modifica la quantità di ghiaccio marino.

Una colonia di pinguini imperatori in Antartide. Photo: IPGGutenbergUKLtd, Thinkstock.
Una colonia di pinguini imperatori in Antartide. Photo: IPGGutenbergUKLtd, Thinkstock.

La popolazione mondiale di pinguini imperatori potrebbe calare drasticamente - del 19% - entro il 2100. Il colpevole? Ancora una volta il riscaldamento globale, e la sua influenza sui ghiacci antartici. A lanciare l'allarme è uno studio del Woods Hole Oceanographic Institution (Massachusetts) pubblicato su Nature Climate Change.
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Una risorsa da tutelare
La sopravvivenza dei pinguini imperatori (Aptenodytes forster) è strettamente legata alla presenza di ghiaccio marino nel loro habitat. Se questo scarseggia, scarseggiano anche calamari e krill, le principali fonti di nutrimento dei pennuti antartici. Se il ghiaccio è sovrabbondante, i pinguini devono compiere viaggi più lunghi per raggiungere il mare e procacciare il cibo per i pulcini. Il global warming è capace di alterare questo delicato equilibrio: non solo sciogliendo più in fretta i ghiacci, ma anche modificando il tenore e l'altezza delle onde, e alterando intensità e direzione dei venti che a loro volta spostano il ghiaccio marino.

Analisi su larga scala
Finora gli effetti del global warming sui pinguini imperatori erano stati valutati con precisione solo su una colonia: quella di Adelie Land nella zona orientale dell'Antartide (protagonista del famoso documentario La marcia dei pinguini). Le altre colonie erano state osservate soltanto dallo spazio, con immagini satellitari che localizzavano i pinguini a partire dal guano che lasciano sul ghiaccio. I ricercatori americani hanno sfruttato i dati raccolti per la colonia di Adelie Land per elaborare proiezioni che riguardino l'intera popolazione mondiale di pinguini imperatori, 600 mila pennuti sparsi in 45 colonie al Polo Sud.
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I risultati
La maggior parte delle colonie continuerà a crescere da qui al 2040, ma poi la riduzione dei ghiacci marini segnerà l'inizio del declino, con il 19% della popolazione globale di pinguini imperatori destinata - probabilmente - a scomparire entro il 2100. Due terzi delle colonie sono destinate, per la perdita consistente di ghiaccio marino, a dimezzarsi sul lungo periodo (in particolare quelle rivolte verso l'Oceano Indiano, che più di altre risentiranno degli effetti del global warming).

L'ultima spiaggia
Nonostante le drammatiche previsioni, alcuni ricercatori si dicono più ottimisti sulla sopravvivenza dei pinguini rispetto alle conclusioni di questa ricerca, che dà per scontato che gli uccelli ritornino ogni anno alle stesse aree di accoppiamento, senza emigrare verso zone più ricche di ghiaccio marino, come hanno già dimostrato di saper fare.

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