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Diavolo di mare, signore degli abissi

Questi pesci sono nuotatori straordinari e molto veloci, non solo: si spingono a profondità impensabili per molte creature marine. Ma cosa fanno laggiù?

di Danielle Elliot
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Diavoli di mare cileni (uno con una remora attaccata) nuotano alle isole Azzorre, 2008. Fotografia di  Wolfgang Pölzer/ Alamy


La prima volta che hanno dotato i diavoli di mare cileni (Mobula tarapacana) di tag satellitari, gli scienziati si aspettavano di vederli rimanere in prossimità delle acque più calde in superficie, dove spesso vengono avvistati. Una nuova ricerca, pubblicata su Nature Communications, ha invece scoperto che si spingono anche al di sotto dei 1.800 metri di profondità, in una zona dell'oceano che poche altre specie sono in grado di raggiungere.

Questi animali raggiungono inoltre velocità fino ai 20 chilometri orari. Per fare un confronto, i capodogli e gli zifidi si muovono mediamente dai 3 ai 6 chilometri ogni ora, mentre il tonno rosso e il tonno pinna gialla si mantengono tra i 14 e i 18. Non si tratta dunque, solamente, di pesci più veloci e più abituati alle profondità di molti altri, percorrono anche distanze molto maggiori di quanto pensassimo.

Secondo la ricerca i diavoli di mare cileni migrano per circa 3.800 chilometri nel corso di sei mesi, molto più di quanto facciano altre specie di diavoli di mare studiate in precedenza, sia nell'Oceano Pacifico che nel Mar Mediterraneo. Profondità
e velocità sono davvero straordinarie, commenta il leader dello studio Simon Thorrold. Così tanto che all'inizio il co-autore della ricerca, il dottorando Camrin Braun, pensava di aver commesso un errore nell'interpretazione dei dati. Quando a un secondo calcolo sono emersi gli stessi risultati, il team ha avuto la conferma di aver scoperto qualcosa di speciale. "Non avrei mai immaginato che si spostassero così velocemente", racconta Thorrold, ricercatore capo del dipartimento di Biologia alla Woods Hole Oceanographic Institution.

Mantenersi caldi

Gli squali balena, gli elefanti marini settentrionali e gli zifi sono alcune tra le poche specie in grado di nuotare alle stesse profondità dei diavoli di mare. La maggioranza dei grandi predatori non è in grado di affrontare le temperature rigide, i bassi livelli di ossigeno e l'alta pressione al di sotto dei 1.000 metri. Le specie che ci riescono possono mantenere il proprio corpo caldo mentre nuotano in acqua la cui temperatura scende al di sotto dei 4 gradi Celsius. Fin dalla metà degli anni Novanta gli scienziati sono a conoscenza della capacità di mantenersi caldi dei diavoli di mare, ma nessuno è riuscito a comprenderne il motivo perché si pensava vivessero in acque poco profonde e con temperature elevate.

Durante la nuova ricerca, condotta tra il 2011 e il 2012, gli scienziati hanno taggato 15 esemplari di diavolo di mare al largo delle isole Azzorre, arcipelago portoghese nell'Atlantico settentrionale presso il quale banchi di questi animali si riuniscono regolarmente. I tag erano programmati per sganciarsi dai diavoli dopo sei mesi, per poi risalire in superficie e inviare i dati raccolti a un satellite. Aver scoperto che i diavoli di mare nuotano a grandi profondità ha finalmente dato una risposta a questioni irrisolte, spiegando anche perché si spostino così velocemente. "Sfruttano i loro muscoli per generare più calore possibile mentre scendono in profondità", spiega Thorrold. La temperatura del corpo è fondamentale, sia per il corretto funzionamento del cervello che per quello degli occhi.

Questa scoperta è sorprendente, commenta Les Kaufman, biologo marino della Boston University non coinvolto nello studio. A suo parere si tratta di un altro "esempio impressionante" dell'apparente collegamento tra la velocità e la generazione di calore. I pesci si riscaldano anche alla luce del sole, avvicinandosi alla superficie. La maggior parte delle razze si prepara per le immersioni quotidiane (e si riposa dopo averle compiute) trascorrendo almeno un'ora in acque poco profonde. Nelle specie che si immergono in profondità di notte, invece, questo comportamento non è stato osservato.

"Nonostante i diavoli di mare non siano certamente le uniche grandi specie marine che si impegnano in discese a grandi profondità, il loro peculiare posizionarsi tra gli squali e le razze, oltre al fatto che li conosciamo ancora poco, rende questa ricerca un contributo preziosissimo alla scienza che studia gli oceani", commenta Molly Lutcavage, oceanografa della Massachusetts University ad Amherst.

Anatomia di un'immersione

Durante le immersioni, che tipicamente durano tra i 60 e i 90 minuti, i diavoli di mare scendono rapidamente per poi iniziare a rallentare, nuotando orizzontalmente una volta raggiunta la profondità desiderata. Questo probabilmente significa - nonostante gli scienziati non l'abbiano ancora osservato in natura - che stanno cercando cibo, cacciando pesci e calamari.

"È difficile immaginare cos'altro potrebbero fare là sotto", spiega Thorrold. "Non sappiamo perché trascorrano tanto tempo a simili profondità", commenta Pedro Alfonso, biologo marino dell'Institute of Marine Research alle Azzorre e co-autore dello studio, "ma è possibile che si tratti proprio dei livelli da tutelare per proteggere le specie". Ancora più curioso, gli scienziati hanno registrato tre immersioni di diavoli di mare che sono durate circa 11 ore. "Se le razze scendono in profondità per così tanto tempo avranno freddo, perciò andranno incontro alla rapida perdita delle funzioni cerebrali, e anche la visione ne risentirà".

Gli squali elefante sono gli unici grandi predatori che, oltre ai diavoli di mare, riescono a rimanere in acque tanto fredde per lunghi periodi. Thorrold e colleghi non sono sicuri di quali siano le attività cui si dedicano in queste immersioni così lunghe, ma è probabile non si tratti unicamente di procacciarsi il cibo.

Per imparare di più riguardo a questi sorprendenti animali, il team ricorrerà a diverse tipologie di tag, compresi quelli acustici che possono essere lasciati sull'animale per svariati anni senza conseguenze. In futuro gli studi ci permetteranno di comprendere meglio l'importanza degli strati più profondi dell'oceano e dei loro abitanti. "Aver scoperto che si immergono e vanno alla ricerca di cibo così in profondità e così a lungo", commenta Kaufman, "rinforza l'idea sempre più diffusa che le creature che vivono in oceano aperto ne sfruttino un volume molto più grande di quanto pensassimo finora".

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