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Le pulci d'acqua resuscitate mostrano l'evoluzione all'opera

Gli autori di uno studio rivoluzionario hanno riportato in vita alcune dafnie di un lago americano di 700 anni fa, mettendo in luce l’impatto dei coloni - e quindi dell'uomo - sull’evoluzione

di Lisa Signorile
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Un pulce d'acqua al microscopio. Fotografia di Dennis Kunkel Microscopy, Inc./Visuals Unlimited/Corbis
Capire a fondo l’impatto delle attività umane sull’ecosistema e sull’evoluzione delle altre specie è tutt’altro che semplice, in quanto i dati temporali sulla qualità dell’ambiente sono di solito incompleti e con studi di genetica di popolazione si riescono a seguire nel tempo solo poche generazioni, in quanto è difficile procurarsi DNA antico.

Un rivoluzionario contributo a questo problema è stato dato da un articolo pubblicato il 9 gennaio sulla rivista Ecology Letters.

Gli autori dell’articolo sono riusciti a riportare in vita le uova di un piccolo crostaceo di acqua dolce chiamato pulce d’acqua o dafnia, risalenti a 700 anni fa, e hanno comparato l’aspetto, la funzionalità e l’assetto dei geni delle dafnie antiche con quello delle dafnie moderne che vivono nello stesso ecosistema, il lago South Center in Minnesota, USA.

Dallo studio è emerso che nel XIX secolo, con l’arrivo dei coloni europei, questi crostacei andarono incontro a un grosso cambiamento nel genotipo, che si tradusse in un cambiamento fisiologico e comportamentale della specie:
in altre parole le dafnie andarono incontro a un repentino adattamento evolutivo che premiò i genotipi più adatti a vivere nel nuovo ambiente.

L'intuizione di Wieder

Le dafnie in estate si riproducono asessualmente producendo cloni. Subito prima dell’autunno vengono generate uova di resistenza che cadono al fondo e rimangono quiescenti tutto l’inverno. A volte queste uova restano intrappolate nel sedimento del lago e non si schiudono.

Quasi vent’anni fa Lawrence Wieder, lavorando in Europa, scoprì che era possible risvegliare le uova di dafnia “dimenticate” nel sedimento, e intuì che comparando queste dafnie con quelle attuali si sarebbero da un lato potute ottenere informazioni su come era variata la popolazione nel frattempo, e dall’altro associare queste informazioni ai cambiamenti ambientali.

Nel 2009 Wieder campionò dei laghi in Minnesota per un progetto in cui è coinvolta l’Università dell’Oklaoma, per cui lavora adesso. Il suo metodo è fare dei carotaggi del sedimento del lago con un lungo tubo in modo da prelevare sia le uova della microfauna sia i sedimenti. I sedimenti vengono datati usando il decadimento di un isotopo radioattivo del piombo, 210Pb, e altri metodi analoghi, mentre il genotipo delle dafnie viene studiato usando dei frammenti di DNA chiamati microsatelliti.

In aggiunta, lo studio esamina anche la quantità di fosforo dei vari strati di sedimento in modo da studiare come varia l’eutrofizzazione del lago nel tempo.

Il carotaggio va indietro di circa 1.600 anni, ai tempi in cui Attila razziava il Nord Italia e Odoacre aveva le crisi adolescenziali, ma le uova di dafnia più antiche che i ricercatori sono riusciti a fare schiudere risalgono a 700 anni fa, a prima della scoperta dell’America.

Un anno cruciale

I risultati dello studio evidenziano che dopo il 1898 c’è una variazione nel genotipo delle dafnie, che privilegia delle varianti genetiche che erano precedentemente molto rare. Dopo quella data si osserva la graduale scomparsa del pattern genetico originale a favore di quello raro. Questa variazione nel genotipo segue parallelamente l’aumento della quantità di fosforo nel lago (e quindi dell’eutrofizzazione) dovuta alle attività dei coloni umani che nel frattempo si erano stabiliti nella zona. 

Le dafnie medievali accumulano tutto il fosforo che trovano a disposizione, conseguenza della privazione di questo elemento nelle acque non inquinate dell’America precolombiana. Le dafnie moderne invece sono in grado di regolare l’assunzione di fosforo in base alla quantità a disposizione.

Questo studio descrive magistralmente un processo di microevoluzione in cui viene acquisita la plasticità nell’assumere il fosforo, per via dell’aumentata eutrofizzazione del lago. Conferma anche studi precedenti che indicavano che le dafnie con i genotipi darwinianamente “più adatti” a basse concentrazioni di fosforo sono quelle “meno adatte” ad alte concentrazioni di fosforo. Evolution for you, per chi ancora non ci volesse credere.

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